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Luci a nordest
Questo libro non è un’oleografia. Ne ho guardato le foto e ho avuto l’impressione che fossero il bottino dell’esplorazione in uno spazio sconfinato. C’era di tutto: lagune, montagne, laghi, pianure, faraglioni sul mare, fiumi serpentiformi, pinnacoli battuti dal vento, fari solitari. Il patrimonio di una grande nazione, se non di un continente. Per questo mi sono commosso pensando che quelle immagini erano state raccolte in una sola regione, e per giunta una delle più piccole d’Italia. Riguardo le immagini e dico: viviamo in un gran posto. Non c’è paragone col resto del nord Italia. Pare impossibile che, nonostante questo, la politica ci abbia reso timidi nel costruire un patriottismo regionale simile a quello veneto o a quello lombardo, come se l’alleanza fra le due parti della regione ‘col trattino’ fosse cosa effimera destinata a dissolversi al primo colpo di vento.
Paolo Rumiz |
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Di Paolo Rumiz, tratto da ‘Luci a nordest’. Ero solo in macchina e andavo a San Daniele da amici cari, immigrati croati trapiantati su quelle colline. Da quelle parti erano nati i miei nonni paterni e io mi muovevo per le strade minori della pedemontana come nei rami del mio albero genealogico. Mio padre era morto da tanto, a soli 63 anni di età; Piero si chiamava, ed era figlio di Domenico Rumiz e Serena Peressini, nati rispettivamente a Magnano in Riviera e, appunto, a San Daniele. |